Fare il genitore nell’era digitale ha i suoi pro e i suoi contro. Sicuramente i figli hanno più strumenti a disposizione per l’ampia conoscenza, una finestra sempre aperta sul mondo. Abbiamo la possibilità di sapere sempre dove si trovano tramite le app di geolocalizzazione, cosa che una volta corrispondeva alla novità dello sbarco sulla Luna.
Possiamo contattarli in qualsiasi momento e viceversa. Una bella tranquillità sotto diversi aspetti.
Ma…
Ieri sera a cena mia figlia più giovane (11 anni), reduce da una festa di compleanno di un’amica di 13 anni, mi racconta di una nuova app, con la quale gli utenti ricevono una notifica una volta al giorno, a un orario casuale, con una frase che richiama il nome dell’app stessa.  Si apre quindi una finestra, che rimane attiva per due minuti, in cui è possibile pubblicare una foto di ciò che si sta facendo. L’intento, dicono, è catturare un’istantanea autentica e senza filtri della vita dell’utente, non ci sono “mi piace”, non ci sono follower ufficiali (ufficiosi sì), questo per contrastare l’idea della foto perfetta piena di filtri, studiata a tavolino per conquistare il prossimo. Dicono.
Sì, avete capito bene, una volta al giorno, senza sapere quando, ricevete un bip e DOVETE avere il telefono a portata di mano e postare la vostra foto istantanea, altrimenti, se in questi 2 minuti non posterete nulla, sarete tagliati fuori per un giorno dal “gioco” e non potrete vedere le foto dei vostri amici, che sarebbe la parte di intrattenimento offerta dall’app per farvi sentire parte di un gruppo. Se disgraziatamente tu non avessi il telefono acceso o pronto a ricevere, se stessi VIVENDO anziché attendendo, sei tagliato fuori dai giochi per un giorno, che per un adolescente equivale a tutta la sua esistenza.
Mi pare chiaro che tutto questo non abbia uno scopo nè inclusivo rispetto al sostegno di chi ha difficoltà relazionali che magari dietro uno schermo si sente più sicuro; nè uno scopo di condivisione pura, perché se non esegui il comando sei tagliato fuori. L’unico scopo che ci leggo è il controllo sul cervello degli adolescenti per renderli soldati ubbidienti di un sistema malato, ottime pedine da manovrare a proprio piacimento.

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Quanto sei disposto ad obbedire? Quanto sei manipolabile?

Tac! Ti preparo l’app giusta per testarlo e iniziare a manipolare il tuo cervello affinché resti in costante attenzione e tensione fino all’arrivo del comando, dopodiché gli offro la ricompensa sedativa affinché si senta appagato e continui ad attendere il comando il giorno seguente. Pavlov lo faceva con i cani vi ricordate? Cane in attesa, campanello, risposta immediata di salivazione del cane, premio in cibo. Il cane così inizia la fase di salivazione anche in attesa del campanello. Ed eccolo lì, il cervello del cane bello pronto all’obbedienza cieca perché il padrone è fonte di gioia e sopravvivenza.
Il principio di questa app è il medesimo. Iniziate ad attendere impazientemente già prima dell’arrivo del suono, siate vigili e chiaramente non permettete  a nulla di distrarvi, siate veloci nel postare (il tempo è denaro nella società di oggi), mi raccomando, dite dove siete (così chiunque può saperlo) e infine godetevi il meritato placebo della vista di ciò che fanno i vostri amici, in una sorta di “vicini ma lontani” perché invece che stare insieme vi vedete solo tramite app.
Navigando in rete per cercare informazioni si trovano alcuni dati “interessanti”.
-Innanzitutto non c’è il parental control. Dai 13 anni, o prima se mentono sulla data di nascita, possono scaricare l’app;
-L’applicazione offre la possibilità di due bonus foto giornalieri oltre a quello prestabilito dall’app, ma solo nei due minuti stabiliti ti viene offerta la possibilità del “premio”;
-Si può impostare anche qui la privacy su “tutti”, per cui anche la frase del “lo vedono solo gli amici” la possiamo depennare.

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A questo punto come contrastare certe correnti che sembrano inglobare i giovani in un nuovo mondo, fatto di apparenza, di vita irreale, come inghiottiti da un videogame?
Sarò ripetitiva, ma sempre e solo in un unico modo: COMUNICANDO CON LORO.
Fin da piccolissimi vanno affrontati tutti i temi possibili e immaginabili; vanno lasciati parlare, fatti discutere, coinvolti in argomenti di cui possano sviluppare opinioni proprie (intendo per età, non per poca capacità), spinti a pensare con la propria testa, ad avere pensiero critico e divergente. E nonostante questo, bisogna sempre sperare che te lo vengano a dire. Così, per caso a volte, pensando che non sia importante. Perché proprio il fatto che non si rendano conto della psicologia che sta dietro a certe applicazioni li rende fragili ed esposti al pericolo. Ed è solo così, abituandoli a condividere con te, che puoi dare loro, anche in questo caso, la possibilità di vedere più aspetti della questione, di comprenderne l’importanza, il meccanismo poco sano e poco “sociale” che ci sta dietro.
Un sistema di premi e punizioni, di inclusione od esclusione dal gioco che avviene per “colpa tua”, perché sei tu che “scegli” di non eseguire l’ordine è aberrante. Con quanta leggerezza i giovani si fanno sopraffare da certe dinamiche, da certi “giochi”, perché il gruppo e l’appartenenza ad esso sono chiaramente l’aspetto fondamentale nella vita di un adolescente. Con tanta ingenuità si lasciano coinvolgere da queste sfide che gli controllano la vita senza che nemmeno se ne rendano conto.
Da ieri sera penso a chi ha inventato questa app. Penso ai suoi figli (qualora ne abbia) e mi domando come siano stati cresciuti e che persone saranno. Se sono riusciti a stare al passo richiesto e quindi ad entrare nel club esclusivo o se siano alla deriva emotiva perché non sono stati “abbastanza” veloci, pronti, attenti, obbedienti.
Per tutti quelli che credono ancora ad una vita reale, di incontri, di chiacchiere, di tempi lenti a guardare le nuvole o gli alberi o i fiori, per chi si stupisce ancora delle meraviglie che gli stanno intorno, per chi si dimentica il telefonino a casa, per chi resta se stesso nonostante gli standard del conformismo gli dicano che non è adeguato, per chi cerca di mantenere i figli ancorati alla verità, per chi crede di essere all’interno del gruppo ma viene buttato via non appena disobbedisce, per chi è rimasto negli anni 80, saldamente ancorato ai valori di un tempo ; per chi gioca e non comprende di essere giocato. Per tutti loro e per tutti gli altri, spero che questo genere di applicazioni diventino un attrezzo obsoleto da lasciare chiuso in un cassetto o addirittura da portare in discarica.

Sì, sono una degli anni 80 che dice telefono e telefonino anziché smartphone. Orgogliosamente.

Manuela Griso

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