Empatia, en-pathos, sentire dentro. Abbiamo tutti sentito parlare di empatia ed oramai è un termine largamente utilizzato anche in contesti educativi, fortunatamente. Approfondiamo però e facciamo chiarezza sul perchè l’empatia non è una caratteristica innata dell’essere umano.

L’empatia è un’abilità sociale appresa che ci permette di entrare in connessione con gli altri e rendere le nostre relazioni più efficaci e profonde. “È l’abilità di vedere il mondo come lo vedono gli altri, essere non giudicanti, comprendere i sentimenti altrui mantenendoli però distinti dai propri (Morelli e Poli, 2020).”

A livello neurobiologico questa abilità sociale è supportata dai “neuroni specchio”, da processi quindi imitativi. 

Tempo fa sentii avvallare l’ipotesi che l’empatia fosse innata nei bambini, questo non è esatto e se lo prendessimo come appunto mancheremmo di prenderci cura di un’aspetto importante per lo sviluppo sociale del bambino e della comunità futura in cui sarà immerso. 

Il bambino semplicemente è, fondamentalmente un grande esploratore e scienziato, ed apprende dall’ambiente in cui è immerso i modelli di comportamento (più o meno funzionali) ai quali si ispirerà per la formazione della sua identità; apprende per imitazione come adattarsi alla comunità. L’empatia si insegna, si mostra con l’esempio e con il vissuto diretto. Un bambino che riceve empatia, cioè che si confronta con un adulto che si mette nei suoi panni, che mostra interesse nel comprendere il suo stato d’animo, che si permette di entrare nel mondo del bambino per sentire ciò che sente, ha maggiori probabilità di sviluppare empatia a sua volta. 

Lo stesso processo avviene quando il bambino osserva come noi ci rapportiamo alle altre persone, alla natura, agli animali e all’intero ambiente circostante. L’adulto nel suo fare ed essere quotidiano sparge semi per il futuro. Il bambino ci osserva SEMPRE. 

Un bambino poco empatico (con i compagni, con l’ambiente o con gli animali) è semplicemente un bambino che non ha avuto modo di sperimentare direttamente o osservare questa abilità. 

I bambini fanno ciò che facciamo noi, perchè siamo i loro modelli adattivi. E’ , poco romanticamente, un principio di sopravvivenza ancestrale. 

Questo restituisce all’adulto molte responsabilità anche sulle abilità sociali che il bambino svilupperà, un carico che può spaventare ma bisogna ricordarci che anche a fare il genitore si impara, anche ad essere un buon esempio si impara. Spesso l’arrivo di un bambino (o rapportarsi quotidianamente con i bambini) è l’occasione ideale per poter crescere come esseri umani sapendo che siamo sempre sotto una lente (più o meno discreta) non giudicante ma imitativa. 

Ricordiamoci che questi bambini saranno la società del futuro, l’evoluzione di una comunità stessa dipende da ciò che germoglierà dall’infanzia. 

Poniamo l’attenzione in modo un pochino più specifico a come mostrare empatia ai nostri bambini nel quotidiano e di seguito propongo alcuni momenti salienti in cui poter gettare i nostri semi. 

Mi soffermo soprattutto sui momenti di crisi che il bambino può vivere e su come poterle gestire utilizzando l’empatia: 

  • Durante una crisi il bambino è sopraffatto da emozioni che ancora non conosce, che spesso non sà nominare con chiarezza o definire dentro di sè. Di fronte a questo tzunami emotivo ciò che possiamo offrire è la calma che in quel momento a loro manca, attraverso la presenza fisica (per lo più silenziosa o fatta di pochissime parole), il respiro ed un tocco delicato, se viene accolto. Troppe parole sarebbero inutili e controproducenti perche in quel momento il bambino non è recettivo. Bisogna offrirgli quello spazio senza giudizio in cui poter tornare ed attendere che “rientri”. Sempre per la per legge dei neuroni specchio, il bambino risponde alle emozioni che gli rimandiamo. Se la sua crisi ci scatena rabbia, lui risponderà con una crisi ancora più forte. Niente paura però : siamo esseri umani e per questo nessuno ci chiede la perfezione! Dobbiamo solo essere capaci di riconoscere i nostri confini, dove siamo. Eventualmente delegare, se la situazione lo permette, a chi invece possiede in quel momento quella calma necessaria, senza avvertire in questo un fallimento personale. Ricordiamoci che anche noi impariamo, cresciamo e abbiamo bisogno a volte di un processo intermedio. 
  • Ti capisco“. Anche se non sempre riusciamo a comprendere pienamente ciò che è accaduto o che sta accadendo, questa piccola affermazione manifesta a noi stessi innanzi tutto, il desiderio di capire, di essere insieme. E’ un modo per dirgli “sono con te in questa cosa che sta succedendo, non ti lascio solo e non smetto di amarti”. Questa rassicurazione aiuta a rientrare in fiducia.
  • “Raccontami/dimmi di più.” Stiamo dicendo al nostro bambino che ci interessa il suo modo di vedere le cose, che non abbiamo un pre-giudizio e che siamo aperti a vedere con la sua prospettiva.
  • “Mi sembri….frustrato”. Dare un nome all’emozione aiuta a conoscerla e domarla, siamo noi a dover fornire il più ampio vocabolario emotivo possibile anche se tutto ciò che possiamo fare è supporre. Il bambino con il tempo sarà in grado di confermare o confutare “non sono frustrato, sono demoralizzato perchè…” Non dobbiamo avere paura ad usare parole che sembrano complesse. Più è ampio il vocabolario emotivo offerto più ampia sarà la loro capacità di decodificare l’emozione. Il nostro compito è quello di tradurre un comportamento nell’emozione che lo ha provocato, una pratica diretta di empatia.
  • Osservare il bambino senza giudizio, senza etichette, preconcetti e pregiudizi. Questa forse la pratica più difficile tra gli esseri umani in generale. Riuscire a soffermarsi sull’osservazione pura e scevra dal nostro condizionamento. 

L’esempio di un momento di crisi da gestire è solo uno dei molti in cui può essere praticata l’empatia. I bambini la apprendono anche da come ci rivolgiamo alle altre persone in loro presenza e in loro assenza, come trattiamo gli animali e lo spazio che abitiamo; in ogni piccolo gesto quotidiano può esserci un’ apprendimento. 

Accompagnare verso un sano sviluppo dell’intelligenza emotiva , all’interno della quale troviamo l’empatia (Goleman), significa offrire al bambino la possibilità di vivere e creare intorno a sè relazioni sane e riconoscere quelle che non lo sono. Un seme per una maggiore consapevolezza di sè e degli altri, un seme per una comunità che cammina verso la collaborazione e la pace. 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *