Il dolore è una fetta di vita che ognuno deve affrontare da solo. Ci possono essere tante persone intorno e sicuramente questo farà da effetto placebo, da sostegno, ma mai nessuno potrà togliere quella sofferenza. Andrà vissuta, attraversata, elaborata e lasciata andare e può farlo solo chi la sta vivendo. Se questa riflessione ci è tanto ovvia per un adulto, non lo è altrettanto se parliamo di bambini. Forse dolore ti sembra una parola troppo grande all’interno di un corpo bambino, ma non c’è un’età in cui inizia, fa parte dell’essere umano da sempre. I bambini possono provare dolore, anche molto profondo, ma spesso, non vengono compresi. E non lo sono in primis dagli adulti di riferimento (genitori) che si rapportano in maniera disfunzionale a tale evento, pensando che sia “solo un capriccio”. Ma la non comprensione della motivazione che scatena un pianto, un lamento, un dolore silenzioso, senza manifestazioni, non ti giustifica nella tua risposta disfunzionale.
Se vedi un adulto piangere, non lo riprendi con il cellulare, non gli scatti una foto per commentarla su whatsapp con l’amico di turno, non minimizzi il suo pianto dicendogli che è esagerato, che non deve frignare. Con un bambino invece ci si permette di fare tutto questo, andandone anche fieri o addirittura sentendosi le vittime di tali piccoli esseri, che mettono alla dura prova la tua pazienza e che ti stressano la vita con le loro lacrime ingiustificate.
Per l’adulto che vedi piangere, che domande ti poni? Perché sta piangendo? Cos’è successo di grave? Come posso aiutare?
Per un bambino ti preoccupi solo che non disturbi gli altri se sei al ristorante, sai già che non è successo “nulla di grave” e l’unico moto d’aiuto che forse ti viene è quello di prenderlo in braccio, ma più per chi ti sta intorno che per vero spirito di sostegno.
Ma tu, stai vivendo in quel corpo? Stai percependo le sue emozioni? I suoi disturbi sensoriali? I suoi pensieri auto-sabotanti? Stai vivendo le sue paure? Stai sentendo i suoi dolori fisici magari? NO. Tu non sei lui. Non sei all’interno del suo corpo, della sua mente e della sua anima e non sai quello che sta capitando lì dentro. Per cui, sii gentile.
Le risposte disfunzionali, date ai bambini, che principalmente osservo sono:
- La minimizzazione. Verso altri adulti: “Sta piangendo per un capriccio. Non sa nemmeno lui cosa vuole. Fa sempre così, è un piagnone!” Verso il bambino: ” Non vedi che stai piangendo per nulla? Ma si può? Smettila, piagnone!”
Cosa otterrai ora o nel prossimo futuro con questa risposta?
Il tuo bambino imparerà che ciò che sente non è adeguato e imparerà a celare il suo dolore, o, peggio ancora, a reprimerlo anche a se stesso. Si vergognerà di sé e delle sue emozioni. Avrà bassa autostima perché è stato definito, con disprezzo, un piagnone. Da adulto si domanderà, se ancora avrà conservato intatta la capacità di lasciarsi andare al dolore senza celarlo o censurarlo, se le sue lacrime siano in qualche modo giustificabili agli occhi altrui. Sarà distaccato dal suo sentire e si preoccuperà soltanto del giudizio degli altri.
2. Facendo un video/foto e postandolo sui social. Nel momento di difficoltà del bambino, la risposta disfunzionale è quella di fare un video di lui che piange e postarlo sui social. Perché? Le motivazioni possono essere diverse:
-Sentirsi compatiti dagli altri : “Uh povera te, ti capisco!”
-Colpire il partner che in quel momento non è con te e tu, poverino, guarda che situazione ti tocca gestire/vivere.
-Avere like. Si sa che la presa in giro, di questi tempi, attira like, quindi perchè non farla su chi tanto non ne è nemmeno consapevole, ma allo stesso tempo mi permette di ottenere un risultato?
-Completo disinteresse nei confronti del figlio (già, non si può escludere)
– Assenza di empatia
– Assenza di presa di coscienza del fatto che sto minimizzando e mettendo in piazza il dolore di un’altra persona.
Cosa otterrai con questa risposta?
Che un domani, il bambino che oggi viene bullizzato da te,(sì, stai compiendo bullismo) si comporterà esattamente allo stesso modo, perché avrà imparato a NON rispettare i sentimenti altrui, ad esporli senza remore al giudizio di chiunque, a schernire e denigrare il dolore degli altri.
3. Additandolo come “esagerato”. Con gli altri adulti: “Fa la solita sceneggiata! E’ teatrale! Esagera per nulla”. Con il bambino: “Sei il solito esagerato! Falla finita che non è proprio il caso!”
Quale sarà la risposta nello sviluppo del bambino?
Come con la minimizzazione, il bambino avvertirà di essere inadeguato nel profondo della sua essenza. Penserà che le sue emozioni siano troppe e che non sia giusto quello che sente. Avrà una bassa autostima e fiducia in se stesso tanto che dubiterà di sé e di ciò che sente.
4. Urlando. La rabbia, come risposta al dolore può avere più sfumature di significato:
-Mi arrabbio perché non so come gestire il tuo dolore, non sono in grado di contenerlo e penso che dandoti uno scossone tu possa rientrare dalla tua emotività
-Non sono stato abituato a gestire il mio di dolore e quindi la tristezza si trasforma spesso in rabbia
-Mi sento impotente di fronte alla tua emozione perché non posso evitartela e quindi mi arrabbio
-Mi dai fastidio per cui cerco di stopparti facendoti paura
Quale sarà la risposta futura di quel bambino che diventa adulto?
Egli stesso sarà un adulto reattivo di fronte alle sue ed altrui emozioni. Reagirà con rabbia altrettanto forte e tenterà così di schiacciare l’emozione dolorosa.
Ognuno di noi cresce con i suoi traumi e le sue ferite. Tu stesso probabilmente sei stato un bambino/a che ha ricevuto risposte inadeguate al suo dolore. Ti sarai sentito/a incompreso/a, non amato/a. Alle volte avrai pensato che fosse giusto, che non eri adeguato/a, che eri troppo. Avrai ringraziato, da adulto/a, i tuoi genitori per non averti fatto crescere come un “bamboccione”, una debole e fragile. Ma spero, che almeno una volta nella vita, tu ti sia abbracciato/a e ti sia sussurrato/a all’orecchio: “Non è stato giusto. Ho diritto di soffrire ed ho diritto di essere visto/a, amato/a e accolto/a anche nel mio dolore.” Se ti sei confidato queste parole, ma ancora non hai spezzato la catena e stai portando avanti con i tuoi figli quello che è stato, erroneamente, fatto a te, sappi che sei ancora in tempo per rimediare, per chiudere il cerchio per alimentare la via della gentilezza, della comprensione, dell’abbraccio. Sei in tempo per essere la versione migliore di te stesso/a e per mostrare ai tuoi bambini quanto l’empatia sia fondamentale per creare un mondo di pace e armonia, dove tutte le persone e i loro sentimenti contano, anche quelle alte meno di un metro. E sarà da loro che potrà nascere l’umanità del futuro.
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Manuela