Tutti noi siamo immersi in questa nuova era digitale e in certi momenti mi soffermo a pensare al fatto che noi adulti (prima degli anni 2000 sicuramente) abbiamo un prima e un dopo mentre i nostri figli arrivano su questa realtà mani e piedi già calati tra dispositivi elettronici, case domotizzate, internet e velocità.
A livello educativo ci barcameniamo tra il si, il no, il forse, il quando, il quanto e il perche.
Facciamo una brevissima e molto semplificata sintesi su cosa dicono gli studi (oramai molti a nostra disposizione), dopodiche prendiamo in analisi la possibilità di uscire dall’assolutismo ed entrare nel campo delle possibilità offerte da queste tecnologie.
E’ stato evidenziato che l’esposizione di bambini di 1-2 anni agli schermi per più di 2 ore al giorno può favorire il rischio di ritardi nello sviluppo neuro-linguistico ed avere effetti negativi sul sonno e sul comportamento. Può inoltre favorire la “Nomofobia“, l’ansia e la paura (percepiti a livello fisico come un’attacco di panico) di rimanere separati dal dispositivo e dalla rete, grazie al rilascio di dopamina e al rilascio di sistemi di ricompensa (immediata) che l’utilizzo di smartphone e social “regalano”.
La raccomandazione dell’ OMS è di evitare completamente l’esposizione agli schermi sotto i 2 (ma io direi anche 3) anni di età, dando la precedenza allo sviluppo neuro-psico-motorio armonioso del bambini attraverso il gioco, la natura e (soprattutto) la relazione.
Alla luce di questo, osserviamo la realtà della nostra vita: il quando lo conosciamo, parliamo del quanto ,del come e del perche.
Naturalmente è utopistica l’idea di tenere lontani i bambini dai device fino all’età adulta, in primis perchè loro stessi ci osservano usarli quotidianamente, più volte al giorno e in alcuni casi per diverso tempo. A meno che non si faccia la scelta di rinunciare totalmente anche noi alla tecnologia, è infruttuoso esporre un divieto assoluto ma va calato all’età, al momento, alla motivazione.
Può un bambino di 3-4 anni guardare 20 minuti di cartoni mentre papa/mamma cucinano? Si, può ( in certi casi è questione di sopravvivenza) purchè i limiti siano chiari, comunicati apertamente e rispettati da tutti. Un esempio pratico : se la regola è 20 minuti mentre si cucina non posso farli diventare 40 a mio piacimento perche ne ho bisogno quando ne ho bisogno (e pretendere poi che il bambino rispetti la regola).
La difficoltà delle regole spesso stà nella coerenza (ma ne parleremo meglio in un’altra occasione)
Può un bambino utilizzare il cellulare/tablet mentre mangia? A livello educativo è fortemente sconsigliato per questi motivi : dissociazione dal gusto, dal senso di fame e sazietà e da tutte le comunicazioni sensoriali che l’esperienza del pasto può offrire, favorendo l’insorgenza di scompensi e problematiche legate al cibo; mancanza di relazione con i partecipanti al pasto che crea alienazione, distanza emotiva e disconnessione, oltre che favorire la selettività alimentare. Sembra cosa da poco ma la condivisione del momento del pasto costruisce moltissimo della persona, della relazione, del suo rapporto con il nutrimento e la socialità (ne abbiamo parlato anche qui )
“Eh ma al ristorante altrimenti corre in giro”, “Eh ma così stà buono”, “Eh ma altrimenti non mangia” eccetera…
Sono considerazioni che ci introducono al perchè. Perchè stai consegnando al tuo bambino uno strumento di questo tipo? Fa bene al tuo bambino o fa bene a te? E perchè senza di quello non mangia/non stà “buono”/corre in giro? Stai forse delegando al dispositivo un tuo compito? è un aiuto o una sostituzione?
Partiamo dal presupposto che è impensabile che un bambino sano e neutoripico stia seduto tranquillo per lungo tempo a tavola mentre gli adulti parlano degli affari loro (bisogna mettere da conto che, con un bambino piccolo, il post pasto al ristorante possa richiedere un workout immediato per smaltire). Il bambino, finito il suo pasto ha bisogno di muoversi, esplorare e anche di sentirsi parte della conversazione (come vorrebbe qualunque altra persona). Se questo non è possibile meglio organizzarsi per un uscita “childfree” , rivalutare in ogni caso la vecchia regola “non ci si alza finche tutti non hanno finito” e posticiparla a quando il suo sviluppo neurologico sarà adatto a sostenere realisticamente questa richiesta.
Quindi le regole dovranno essere coerenti ma anche adattate all’età e allo sviluppo. Le alternative ci sono e sono moltissime, ci si può organizzare con una valigetta dei giochi da tenere sempre in macchina per gestire le attese al ristorante, si può decidere di portare i giochi vicino alla tavola per permettere a mamma e papà di finire il pasto, si possono rendere i bambini partecipi della preparazione (dagli alimenti alla tavola) e scegliere argomenti e dialoghi dove possano intervenire in modo attivo. Spesso la presenza del bambino viene vista come un’impedimento quando invece può trasformarsi in meravigliosa opportunità per osservare e osservarsi.
La relazione è insostituibile. Se, piuttosto che mettervi in gioco personalmente, delegate alla tecnologia, vi state perdendo una meravigliosa opportunità di scoperta e crescita personale. Molto spesso video, video giochi e similari vengono consegnati per gestire e contenere una crisi, fungono quindi da regolatori emotivi (falsi) sostituendosi in tutto e per tutto (ma non con gli stessi benefici) all’opera di consapevolezza, contenimento e co-regolazione emotiva che dovrebbe compiere un adulto. Il messaggio che mandiamo in questo modo è che, a fronte di una disregolazione, la soluzione possa essere ricercata nella gratificazione immediata (device, social ma anche fumo, alcol, droghe e cibo).
Ma quindi il device è il male dei nostri tempi? Dipende dal come. Credo fermamente che il problema non sia mai lo strumento in sè ma da come viene utilizzato. Se siamo soggetti passivi di fronte ai social che si lasciano scorrere per ore o video da guardare fino a dimenticarsi che ore sono, allora si, è un male.
Possiamo essere soggetti attivi di questo strumento, utilizzarlo per imparare qualcosa di nuovo o creare o…stare insieme. Trovo ad esempio che guardare un film, un cartone, un video insieme e discuterne poi sia uno dei tanti modi per essere in relazione. Non stò parcheggiando mio figlio davanti alla televisione ma sto scegliendo di condividere un momento che può inoltre offrire spazi di dialogo.
Al netto del fatto che, per preservare il bambino dallo sviluppo di una dipendenza sia sempre necessaria una supervisione (a mio avviso rigida) rispetto a tempi e contenuti, possiamo renderli partecipanti attivi di questo mondo digitale e farla diventare una risorsa! Altro discorso invece per i social che andrebbero vietati fino almeno ai 16 anni e comunque severamente controllati (non esiste privacy per un minorenne il cui sviluppo neurologico è ancora immaturo, l’adulto deve proteggere con la supervisione).
Il device non può essere un paliativo alla noia. Il bambino ha bisogno di “imparare ad annoiarsi” per dare la possibilità alle connessioni neuronali di creare nuove strade, per saper stare nel “vuoto”, per prendersi una pausa dall’iperstimolazione ,per scoprire che c’è bellezza nel non fare. Questa è un’ abilità che dovremmo recuperare anche noi adulti che occupiamo ogni minuto libero della nostra vita, credendo che “scrollare” equivalga a far nulla, quando invece è come essere mitragliati da centinaia di input al minuto che il cervello è costretto a lavorare.
Abbandoniamo il giudizio (altrui e nostro) e facciamoci accompagnare dal buon senso e dalla consapevolezza ricordando che il bambino di oggi è l’adulto del futuro che si muoverà nel mondo e nelle relazioni con il bagaglio che si è costruito fin dalla gestazione; se pensi di aver bisogno di un sostegno per poter accompagnare il tuo bambino ad un utilizzo sano di questo strumento, scrivici, confrontiamoci e saremo felici di poterti dare supporto. Se stai pensando “ormai è troppo tardi”, ti rincuoro : sei ancora in tempo!