Arriva l’estate e ci si aspetta tempo libero, giornate lunghe, spazi vuoti. Ma invece di accogliere questo “vuoto”, lo riempiamo: attività, centri estivi, sport, laboratori.
Perché temiamo così tanto la noia? E perché la temiamo nei bambini più che in noi stessi?
La noia ha una cattiva reputazione: è associata all’apatia, alla pigrizia, alla perdita di tempo.
Ma è davvero così? Oppure è il nostro sguardo “adulto” a renderla un problema?
I bambini non nascono con la paura della noia: la apprendono osservando il nostro bisogno compulsivo di “riempire”.
Studi e osservazioni confermano che dalla noia nascono gioco spontaneo, fantasia, esplorazione di sé, il problem solving.
Alcuni dei momenti più creativi nella storia dell’umanità sono nati nel silenzio e nella lentezza.
Il cervello ha bisogno di pause per elaborare, immaginare, creare connessioni.
La lentezza è controculturale, ma necessaria: è uno spazio di ricarica.
I bambini, lasciati liberi in uno spazio sicuro e senza stimoli imposti, inventano mondi. Il gioco destrutturato, con elementi che di per sè non hanno un utilizzo prestabilito, permettono al bambino di giocare se stesso.

Annoiarsi è un atto rivoluzionario oggi. E anche un atto di fiducia: nel tempo, nei bambini, nella loro capacità di auto-regolarsi.
Come approcciarsi dunque a questo tempo che sta arrivando?

  • Lasciare giornate vuote nel calendario estivo.
  • Proporre meno, osservare di più.
  • Resistere all’impulso di “salvare” i bambini dalla noia: sostenerli nella scoperta di ciò che ne nasce.


Riscoprire anche noi adulti il piacere del non-fare, dell’ozio creativo, del restare nel qui ed ora, nel sentire il nostro corpo, le nostre emozioni. Come stai? Come stai, davvero?
Fa paura domandarselo, ma facendolo capiremo da quanto tempo non ce lo concedevamo più, quanto sia importante saperlo e quanto possiamo insegnare ai nostri figli facendolo. Sentire le tensioni del corpo, rilassarlo, ascoltare il proprio respiro, offrire spazio alle emozioni di fluire. Può fare male, ma può offrirci l’occasione di rimediare. Non temere il silenzio, l’attesa, il vuoto.
La noia è un dono mascherato: uno spazio dove nascono desideri autentici, idee nuove, identità.
Questo tempo lento può essere un regalo, se smettiamo di combatterlo.

Ma ora vediamo la scienza che cosa ci dice in proposito.

 1. La noia stimola la creatività
Uno studio pubblicato nel 2014 da Mann e Cadman, psicologi dell’Università Centrale del Lancashire (UK), ha mostrato che le persone che si annoiano hanno performance creative più alte in compiti successivi, rispetto a chi ha svolto attività stimolanti.
➤ La noia favorisce uno “stato di vagabondaggio mentale”, che stimola pensiero divergente e capacità di problem solving.
 2. La distrazione digitale riduce la tolleranza alla noia
L’uso continuo di dispositivi digitali riduce la capacità di rimanere in stati di noia, indispensabili per sviluppare creatività.
Uno studio del 2020 pubblicato su Computers in Human Behavior mostra che i bambini esposti a elevato tempo di schermo passivo (es. video, YouTube) mostrano ridotte capacità di pensiero creativo e problem solving rispetto ai coetanei con più tempo per il gioco libero.
➤ Lo schermo fornisce stimoli esterni costanti che impediscono l’emergere di pensieri interni, immaginazione, narrazione spontanea.
3. Il gioco destrutturato come sostenitore dello sviluppo sano                                                                     Il pediatra americano Kenneth Ginsburg, in un rapporto per l’American Academy of Pediatrics, sottolinea come il gioco non strutturato (non guidato da adulti o dispositivi) è essenziale per:

  • Lo sviluppo emotivo
  • La capacità di gestione dell’incertezza
  • La costruzione dell’identità personale e relazionale.

4.“Il gioco libero permette ai bambini di creare e esplorare un mondo che possono dominare.”
(American Academy of Pediatrics, 2007)
La neuroscienza conferma che quando non siamo impegnati in attività specifiche (come durante la noia), il cervello attiva la Default Mode Network (DMN) – una rete cerebrale legata a:

  • Introspezione
  • Proiezione nel futuro
  • Pensiero creativo e autobiografico

➤ Interrompere continuamente la noia con notifiche o stimoli digitali impedisce l’attivazione profonda di questa rete.
Le conseguenze possono scaturire in basse capacità di problemi solving, ridotte capacità immaginative e di visioni futuristiche in cui la loro azione permette un miglioramento sociale generale.

I bambini perdono autostima, pensano che le loro azioni non abbiano conseguenze e smettono di pensare autonomamente. Alcuni videogame il cui scopo è uccidere il nemico, con immagini reali, corpi che sembrano in tutto e per tutto umani, possono portare nei bambini il pensiero che anche se “uccido”, la morte non è irreversibile ed uno stato confusivo importante tra realtà e fantasia. In un adolescente  di 16/18 anni le strutture cerebrali, già formate, permettono un ragionamento che lo porta a  distinguere in modo chiaro tra ciò che è reale e ciò che appartiene al gioco. Il loro sistema cognitivo è in grado di attivare un pensiero critico e riflessivo, distinguendo tra finzione e vita vera.

Ma per un bambino piccolo, il cui cervello è ancora in fase di sviluppo – in particolare nelle aree legate al controllo degli impulsi, all’empatia e alla comprensione delle conseguenze – questa distinzione può essere molto più sfumata. Nei primi anni di vita, il confine tra fantasia e realtà è più labile. Il bambino potrebbe interiorizzare l’idea che la morte sia qualcosa di temporaneo o reversibile, come accade nel gioco: perdi, ricominci, torni in vita. La morte viene rappresentata come una sconfitta momentanea, non come un evento definitivo.

In termini neuroscientifici, il cervello di un bambino non ha ancora completato lo sviluppo della corteccia prefrontale, la parte che regola il pensiero logico, la pianificazione e la capacità di comprendere le conseguenze a lungo termine. Esporre precocemente un bambino a contenuti violenti e realistici può quindi interferire con la costruzione di concetti fondamentali come il valore della vita, la sofferenza altrui e l’irrevocabilità della morte.

Questo fa comprendere quanto sia fondamentale offrire spazio e tempo in cui un bambino possa conoscere se stesso, l’ambiente reale che lo circonda, l’altro, le capacità di interazione tra gli elementi a disposizione.

Un bambino lasciato libero di fantasticare costruisce i suoi mondi interiori pescando da ciò che conosce, dalle sue emozioni, dalle esperienze quotidiane. La sua immaginazione, se non forzata dall’esterno, si muove entro confini coerenti con la sua età, con i suoi bisogni affettivi e cognitivi. È un’immaginazione che parla il linguaggio dell’infanzia: fatta di giochi, animali parlanti, mondi magici ma rassicuranti, trasformazioni che non fanno davvero paura.

Quando però esponiamo un bambino molto piccolo a immagini e contenuti provenienti da device digitali — videogiochi, video o app che mostrano violenza, distruzione, scenari ansiogeni o troppo realistici — lo portiamo fuori dal perimetro naturale della sua fantasia. In pratica, lo spingiamo a immaginare cose che non sarebbe ancora pronto a concepire da solo. Questo salto forzato può alterare profondamente lo sviluppo del suo mondo interiore, generando ansie, paure sproporzionate, oppure al contrario una desensibilizzazione al dolore e alla violenza.

Dal punto di vista psicologico, si tratta di un’invasione precoce dell’immaginario infantile da parte di contenuti che non rispettano i suoi tempi emotivi. E questo può portare, nel tempo, allo sviluppo di fobie, atteggiamenti aggressivi o comportamenti disturbati, come una fascinazione per la distruzione o per la morte, che non nascono da una fantasia spontanea, ma da un’influenza esterna troppo potente e precoce.

L’adulto di domani è in serio pericolo.
Coltiviamo la noia come un frutto prezioso del nostro giardino, affinché possa generare nuovi mondi immaginati e nuove volontà creative per continuare la grandiosa evoluzione dell’essere umano. 

 

Se questo articolo ti ha generato riflessioni o curiosità scrivimi, sarò felice di condividere con te alcuni pensieri in merito.

Manuela Griso