Educare alla vita significa anche, ed inevitabilmente, affrontare il tema della morte.
I bambini, che sono filosofi per natura, si interrogano e ci pongono di fronte alla scomoda necessità di dover fare lo stesso e condurli dolcemente alla comprensione di questo aspetto della vita.

La Natura ci viene in aiuto: un primo approccio alla morte come parte integrante della vita é l’osservazione dei cicli vitali, l’alternarsi delle stagioni, il tempo che non può essere “riavvolto” e tornare indietro.
Che sia quello di un frutto o di un’ insetto, tutto ciò che ha una nascita, una prosecuzione, una trasformazione (o una “fine”) ci avvicina al concetto di morte.

A volte si tende ad evitare l’argomento di fronte alla perdita di una persona cara, di un animale a cui eravamo legati o a notizie che arrivano dal mondo. Ma evitare, posticipare o inventare una bugia (ad esempio “la nonna è andata a fare una vacanza”), per quanto fatto con amore e pensando al bene del bambino, non gli sono d’aiuto. Egli continuerà a domandarsi e troverà delle sue soluzioni fantasiose oppure svilupperà angoscia rispetto alla separazione e ai cambiamenti.

Allora quando e come parlarne? 

Nel momento in cui sorge la curiosità nel bambino o nel momento in cui accade qualcosa nella vostra vita che può introdurre l’argomento. A fronte della perdita di una persona cara, possiamo chiedere ad esempio: “Come ti senti?” e possiamo condividere il nostro stato d’animo anche e soprattutto per offrire un vocabolario emotivo con cui il bambino stesso può rappresentarsi.

Il tema della morte porta inevitabilmente a parlare di tristezza, malinconia, dolore ma anche rabbia o senso di solitudine e abbandono…un ventaglio di emozioni che richiedono cura e spazio di espressione.

È qualcosa che non si può controllare, e quindi ci parla anche di paura, è ancestrale ed è sana. È ciò che muove tutte quelle strategie che ci tengono vigili e al sicuro in potenziali situazioni di pericolo.
Diversa è invece l’ansia, l’angoscia della morte, che tengono lo stato di allarme sempre attivo; questo potrebbe precludere l’esperienza di una vita pienamente vissuta, in fiducia e gioia.

Per questo vanno accolte tutte le emozioni annesse alla morte e portate ad una dimensione equilibrata. Validare le emozioni che questo cambiamento, questo passaggio fondamentale della vita porta, ci prepara ad accettarlo, ad avere strumenti preziosi per attraversare il lutto. Più neghiamo ciò che ci tocca e più profonda è la sofferenza e la difficoltà ad andare oltre.

Appartenenza e religione

Se apparteniamo ad un credo religioso, il “codice” di quella religione può fornirci parole utili per condurre l’argomento.
Chi muore generalmente và da un’altra parte, è in un altro luogo, non qui. Possiamo parlare di “paradiso” o di reincarnazione, possiamo parlare di spirito e anima; non esiste un modo unico perchè, di fatto, non conosciamo realmente la risposta. Ciò che possiamo fare è condividere e tramandare ciò in cui noi crediamo e lasciare aperta una finestra attraverso la quale il bambino troverà poi le sue risposte.
In queste occasioni si può parlare di spirito, di anima, temi sottili, fortemente astratti e complessi da poter esprimere a parole.
Questo non deve spaventarci. Sono semi nella mente del bambino, che produrranno frutto a tempo debito.

Rituali

Ricordo un episodio. Un bambino trovò sotto un albero un colombo morto e prontamente si preparò a scavare una buca per seppellirlo. Probabilmente aveva già visto o vissuto qualcosa che aveva a che fare con la ritualità funebre. o qualcosa di innato dentro di lui lo portava ad agire seguendo una sorta di rito di restituzione alla vita.
La ritualità ci aiuta a definire un tempo, un prima , un dopo e ad offrire un luogo adeguato dove poter permettere la trasformazione.
Il rito aiuta chi resta.
È ciò che ci permette di iniziare un processo di rielaborazione del lutto.
È giusto far partecipare i bambini ai funerali?
Dipende.
Dipende dall’età del bambino, dalla sua sensibilità, dal grado di relazione che c’era, da come viene accompagnato nell’esperienza; anche in questo caso, non può esserci una risposta univoca perché i fattori in gioco sono tanti, e bisogna valutare caso per caso.
Sicuramente può essere buona cosa offrire la possibilità di un rituale anche a bimbi molto piccoli. Piantare un albero dove è stato seppellito il gatto, ad esempio (o dove sono le sue ceneri), accendere una candela e illuminare la strada ad un familiare che è mancato; possiamo sempre e comunque trovare modalità per stare con ciò che è accaduto e le emozioni che inevitabilmente emergeranno (magari non nell’immediato ma arrivano sempre).

C’è una difficoltà nell’aspetto della morte che ha a che fare con il tempo.
Bambini molto piccoli, che non hanno ancora la consapevolezza del tempo che passa, potrebbero prendere la notizia di un lutto in modo che potrebbe sembrarci freddo e distaccato. Più si diventa grandi e consapevoli che qualcosa esiste anche quando io non lo vedo, più ti manca ciò/coloro che sono morti.

Pur sapendo questo, la verità è sempre la via migliore.
I bambini torneranno altre volte sull’argomento e in base all’età e le competenze che mano a mano acquisiscono possono essere fatti i dovuti approfondimenti.
Domande apparentemente casuali anche a distanza di anni, li aiuta a integrare, comprendere e conoscere sempre meglio questo aspetto della vita e le emozioni annesse.

Se l’articolo ti è stato utile, se hai domande o dubbi su una situazione specifica rispetto al tema della morte puoi scriverci anche su apiccolipassisicresce@gmail.com e saremo felici di poterti accompagnare.